L’Autostima è la nostra autonoma e indipendente percezione e
valutazione del nostro valore personale, ossia valutarsi
con la propria testa.
L’autostima non è quindi qualcosa che dipende dagli altri, dalle critiche
o dalle lodi, così come dal successo o dall’insuccesso personale, oppure
dalle circostanze e dagli eventi, favorevoli o no, che ci troviamo a
vivere (in questo caso si tratterebbe di Eterostima), ma dipende dal
nostro personale modo di percepirsi e valutarsi.
Nella pratica del mio lavoro posso affermare che la nostra autostima è
composta da due parti: una percezione e valutazione di sé
legata all’evento specifico, all’esperienza immediata euna
percezione e valutazione di sé legata al nostro significato personale
profondo, alla nostra identità.
Tutte e due le parti s’influenzano vicendevolmente e sono entrambe
allo stesso modo importanti, dando il senso alla persona di sé, delle
esperienze che sta vivendo e di quelle vissute.
Per una maggior comprensione divideremo qua e là le due parti di
autostima in: esperienziale e profonda.
Una buona autostima comporta:
indipendenza di giudizio, buona consapevolezza di sé, dei propri bisogni
e di quelli dell’altro.
Si parla di un problema nell’autostima, quando
vi è una scarsa o negativa autostima profonda, ossia, come è stato
detto, un’autostima legata alla nostra identità, a chi sentiamo di
essere, al nostro significato personale profondo.
L’identità anch’essa è composta di varie parti,
tra le quali, ad es., vi sono le identità
affettive (siamo figli, padri, madri, fratelli, amici, partner
sentimentali); le identità sociali, ovvero i vari ruoli che
interpretiamo nella società: il medico, l’idraulico, il muratore,
l’impiegato postale, ecc.; l'identità corporea; l'identità
culturale.
Una persona può avereun’autostima bassa in una di queste parti e non averla in un’altra.
Può, ad es., sentirsi sicuro e di valore affettivamente, ma non credere
in sé lavorativamente.
E anche può percepire lo stesso tipo d'identità adeguata in un
ambito e non in un'altra. E’ il caso, ad es., dell'identità
culturale: una persona potrebbe sentirsi adeguata nella propria cultura
di appartenenza, ma non adeguata in quella di un paese straniero; oppure,
abbracciare la nuova cultura di un paese straniero sentendola più propria
e sentirsi inadeguata e smarrita tornando al paese di origine; oppure,
non riuscire a sentirsi veramente parte di nessuna cultura.
Alcune persone con un senso estremamente labile di amabilità,
sicurezza e adeguatezza personali dell’autostima profonda, si
sentiranno degne di valore oppure no, dipendentemente da fattori
esterni come: il successo professionale o privato, le
persone che frequentano e i giudizi espressi da queste ultime.
Se in una prova, ad es., sentono di aver fallito, si sentiranno persone
fallimentari, non riuscendo a disgiungere un fallimento in una
situazione, quindi una flessione verso il basso dell’autostima
esperienziale, dal valore generale della loro persona.
Altre persone, alla ricerca spasmodica dell’approvazione degli altri, cercano
continuamente di adeguarsi a quelle che sono (secondo il loro giudizio
interno) le aspettative di questi ultimi (un qualcosa che varia da
persona a persona e da situazione a situazione e quindi molto instabile).
Altri ancora possono ingaggiare un perenne confronto con il prossimo, in
cui devono sentirsi vincenti e migliori per sentirsi di valere
interamente.
Tutti questi modi di funzionare comportano
spesso delusione di se stessi e della realtà esterna, non
riuscendo mai a raggiungere quell’ideale di perfezione
desiderato.
Questo fa sì che l’autostima profonda faccia come uno jo jo, su e giù, a
seconda di ciò che si percepisce di sé in positivo o in negativo
all’esterno.
Si parla di percezione psicologica, realtà soggettiva e non
oggettiva, perché ci sono tante realtà quanti sono gli osservatori
Nella psiche umana non esiste quindi una verità assoluta, ma una
verità soggettiva: la percezione su noi stessi, sull’altro e sul
mondo ha a che fare sempre con il nostro unico modo di percepire gli
eventi e col nostro significato personale profondo.
Per fare un esempio, quando lo specchio ci restituisce la nostra
immagine, questa viene da noi percepita e valutata secondo il nostro
unico modo di sentire ed essere, che potrebbe essere molto diverso da un
altro osservatore che ci sta osservando, mentre ci stiamo riflettendo.
Umanamente è possibile fare degli errori, ricevere dei no, delle
critiche, avere dei limiti, in questo caso possiamo avere un’autostima
esperienziale non piacevole, dipendentemente, ad es, da quel tipo di
evento, che non è andato come ci aspettavamo. Se nonostante queste
situazioni di vita spiacevoli il nostro valore personale profondo rimane
saldo e sufficientemente buono, siamo più velocemente in grado di
riprenderci e di credere che abbiamo possibilità di miglioramento. Così
anche, tornando all'esempio dello specchio, possiamo percepire che siamo
ingrassati, se tuttavia non leghiamo tutta la nostra immagine corporea
alla percezione di questo particolare sgradito, possiamo continuare a
ritenerci complessivamente piacevoli e adeguati.
Avere una buona consapevolezza di sé e una buona autostima esperienziale
e profonda significa che non bisogna ascoltare i consigli e i giudizi
degli altri? No!
I consigli e i giudizi altrui vanno tenuti conto come una valutazione e
percezione diversa dalla nostra, che noi possiamo valutare se seguire
totalmente, parzialmente, oppure per nulla, dipendentemente dal nostro
giudizio su noi stessi, dal nostro giudizio sulla situazione, sui nostri
bisogni e sull’altro che sta emettendo il giudizio.
Non bisogna nemmeno confondere una buona autostimacon l’arroganzadi chi si reputa infallibile, o finge di esserlo, e l’eccessiva,
e distorta, valutazione sempre positiva che alcuni hanno di se
stessi. Lungi dall’essere una reale buona autostima profonda, si tratta
spesso di una maschera sociale per nascondere una grande
insicurezza.
Se colleghiamo l’autostima con l’infallibilità, con la sicurezza estrema,
avremmo sempre per paradosso una bassa autostima.
Ricordiamoci sempre che avere un minimo d’insicurezza e inadeguatezza
è protettivo e sano nei compiti e nelle relazioni per essere più
attenti a non fare errori o a farli meno. Nel momento che non abbiamo
affatto paura, ad es., nell’esecuzione di un compito, quello potrebbe
essere il momento che corriamo più rischi.
Differentemente: da coloro che hanno una bassa autostima, essendo più che
altroorientati all’esterno, ossia all’autostima esperienziale per
definire se stessi nell’autostima profonda; vi sono altri più che
altroorientatiall’interno di sé,alla
propria autostima profonda in senso negativo e che tengono conto
molto poco di ciò che succede all’esterno. Molti di questi nonostante
lodi, ottimi risultati, situazioni vantaggiose e buone relazioni
continuano a non sentirsi sicuri, degni e/o amabili. E’ come se facessero
tesoro poco o per nulla della propria esperienza, della propria storia,
se non per confermare quanto già credono nelle loro aspettative
negative su se stessi e sul mondo.
Alcune persone con personalità depressiva (vedi anche
Depressione, Umore triste ed Eventi di Perdita),
ad es., non si sentono quasi mai amabili, temono per questo un abbandono,
anzi sono certe che prima o poi verranno abbandonate, e pertanto molto
spesso abbandonano prima di essere abbandonate anche partner che amano e
con cui vanno d’accordo; oppure temendo un possibile rifiuto non si
espongono nemmeno e non hanno relazioni.
In generale bisogna anche aggiungere che, a prescindere l'orientamento
(rivolto più all'esterno che all'interno di sé e viceversa per confermare il
proprio significato personale), più l’autostima profonda è bassa:
piùciò che accade nella realtà esterna in termini di risultati è una
variabile che non conta o conta molto poco nel cambiare la percezione
di sé profonda negativa; più ègrave lo stato di malessere
personale; e più la propria vita affettiva, lavorativa e sociale
in genere potrebbe essere compromessa.
E' il caso, ad es, dell'anoressia, specie se severa e cronica. Nonostante
gli altri, ad es., continuino a dire a queste donne con questo problema
che non sono grasse e non sono brutte, ma tutt'altro, esse continuano a
vedersi grasse (nonostante siano pelle e ossa) e per questo motivo brutte. Queste donne hanno sì un bisogno disperato di
sentirsi adeguate all'esterno, ma tutto ciò che succede all'esterno non
cambia la percezione di sé interna di profonda inadeguatezza.
Sicuramente quando una persona ha problemi medi o gravi di autostima, non
riesce a ben armonizzare la sua autostima profonda con quella
esperienziale. E’ sempre fortemente sbilanciato in senso negativo
verso l’una o verso l’altra. Questo potrebbe risalire all’infanzia,
e/o in seguito ad un evento avverso e/o ad un periodo percepito critico
(vedi
Crisi Esistenziale e Crisi d'Identità
e
Depressione, Umore triste ed Eventi di Perdita
nel sito).
Avere una buona autostima vuol dire non essere affatto condizionati dagli
eventi esterni, non avere mai periodi percepiti critici? No!
Avere una buona autostima profonda significa che anche davanti agli
insuccessi della vita o agli eventi sfavorevoli che flettono verso il
basso l’autostima, sappiamo riprenderci abbastanza rapidamente,
sappiamo non crollare, sappiamo quali sono i nostri punti di
forza per far fronte alle difficoltà e su dove siamo invece più
deboli e occorre rinforzarci. Sappiamo apprezzare le lodi ed
esserne felici e utilizzare le critiche, se sono costruttive.
Sappiamo anche ricordare i successi e non solo i fallimenti,
sappiamo quindi tenere tesoro nel giusto modo delle nostre esperienze
passate, usarle come modo di indicarci la giusta direzione da seguire
nel presente e nel futuro.
La parte della buona autostima profonda, che consiste nella capacità
di adattamento e resistenza alle pressioni esterne, senza venirne
danneggiati nel nostro nucleo più profondo o schiacciati, viene
denominata Resilienza.
In pratica, la resilienza, come qualità reattiva, altro non è che una
forte dose di sicurezza personale dalla quale attingiamo il
necessario e la forza per fronteggiare ogni situazione. Una persona
abbastanza sicura, che si sente degna di amore, avrà
sufficiente fiducia nelle proprie capacità di affrontare un
rovescio della sorte.
Chi ha una buona autostima e una buona resilienza non confonde il
“non essere all’altezza” con il “non sentirsi all’altezza”.
Quando si crede di non poter “essere all’altezza” non si tenta
nemmeno, si parte sconfitti e convinti di non potercela fare, di non
poter vincere, si evita pertanto di lottare o “perdere” tempo; oppure,
pur applicandosi verso l’altro o la situazione, non si è ben in grado di
riconoscere i buoni risultati prodotti.
Le emozioni che si produranno davanti a una tale visione
pessimista di sé, saranno sempre intense, pervasive (riguarderanno
ossia l'intera persona e non le singole esperienze e le risposte date) e
spiacevoli: paura di sbagliare, di fallire, vergogna e
senso di colpa, rabbia verso se stessi e gli altri, tristezza
e scoramento, ecc. Il risultato è che la propria autostima nelle
proprie capacità crolla ancor di più.
Quando non crediamo affatto nelle nostre possibilità, smettiamo di essere
all’altezza, avremmo, sì, il potere di vincere, ma, non utilizzandolo, è
come se esso fosse del tutto assente.
“...le battaglie umane non arridono sempre all’uomo più forte o veloce. Prima o poi l’uomo vincente Sarà quello che ritiene di poter vincere"