Identita', Origine e
Terapia dei Disturbi Alimentari
L’identità di un paziente con un disturbo di tipo alimentare,
come l'Anoressia o la Bulimia (la prima si
differenzia dalla seconda per l’elevato sottopeso e nelle donne per la
conseguente assenza di mestruazioni), o l'Obesità (quando
dipende da problematiche di personalità), e altri è caratterizzata da una percezione vaga e indefinita di Sé e si organizza come
bisogno di approvazione da parte delle persone significative (conferma)
e la paura di poter essere intrusi o non approvati da tali persone (disconferma).
L’oscillazione emotiva più frequente e riconosciuta è caratterizzata da
due polarità: rabbia e senso di colpa. Rabbia
quando non ci si sente compresi o ci si sente intrusi e quando non si
raggiungono obiettivi elevatissimi per ottenere l’amabilità personale; senso
di colpa per la rabbia non ammissibile verso le figure significative e insieme
delusione e senso d’inadeguatezza per il fallimento.
Alla base di tali disturbi
vi sono genitori molto attenti alla forma e all’immagine (conflitti e
idee diverse sono difficilmente ammissibili) e poco alla sostanza, il cui figlio non è
riconosciuto nella sua individualità e nei suoi bisogni. Essi sono sempre
pronti a dargli una lettura dei suoi stati interni (mentali, fisiologici ed
emozionali), perché hanno il bisogno loro stessi di regole di comportamento
certe che siano il più possibile a loro chiare per valutare sé e la realtà
esterna, anche se questa realtà esterna è un figlio. Spesso sono le classiche
famiglie dove tutto va sempre bene, iperadattate a regole di comportamento
sociale, perché non si faccia mai una brutta figura o si sia valutati male. Il
bisogno di essere sempre adeguati all'esterno per sentirsi adeguati dentro di
sé, fa sì che per paradosso in queste famiglie viaggino tacitamente profondi
sentimenti d'inadeguatezza, non riuscendo mai ad aderire completamente alla
realtà esterna che nei fatti per tutti noi non è mai univoca e contiene in sé
tante sfumature e di conseguenza molte incertezze.
E’ più facile che questi genitori diano messaggi del tipo: “Mangia perché hai fame; copriti
perché hai freddo”; anziché: “Mangia perché ti fa bene; copriti altrimenti ti
ammali”, concedendo in questo ultimo modo al figlio la possibilità di
discriminare cosa sta provando. Il senso d’incertezza del bambino nella percezione degli stati
emotivi e mentali interni si sviluppa in futuro come bisogno di qualcuno che legga e spieghi
questi ultimi; con la sola eccezione delle sensazioni corporee di base (fame,
sete, motricità, ecc.), più discriminabili grazie alla loro componente
fisiologica. A volte, già nell’infanzia, il mangiare troppo o troppo poco
rappresenta l’unica possibilità di libera scelta.
Igenitori, inoltre, sono indisponibili o ambigui o inadeguati nella loro
risposta alle richieste affettive del figlio, tuttavia quest’ultimo impara
che essi sono molto sensibili al fatto che mangi oppure no o ai disagi di tipo
fisico. L’Obesità e la Bulimia e lerelativeabbuffate diventano così una forma di
rassegnazione-protesta, dove il cibo ha una valenza di distrazione e di
distanziamento dalle emozioni spiacevoli o difficili da gestire ed il corpo è usato come alibi per non
confrontarsi con profondi sentimenti di solitudine e di non amabilità
personale. L’Anoressia diventa un modo d’uso del corpo come
strumento attivo di controllo di sé, di potere sulla madre e di richiesta
di attenzione affettiva e ai propri bisogni attraverso la minaccia (anche se
non verbalizzata) di morire di fame; e dove l’essere magra e quindi carina (o
in forma fisica per un maschio) è l’unica chance per farsi notare dal padre
spesso più affettuoso della madre, ma rispetto lei poco partecipe nei momenti che contano
(e per tale motivo idealizzato nell'infanzia, fino alla prima profonda
delusione della sua figura nell'adolescenza, momento caratterizzato per lo
sviluppo cognitivo ed emotivo di una maggiore consapevolezza di sé e della
realtà esterna).
In tutti i casi spesso l’amore costituisce l’unica e assoluta fonte di vita e
di riconoscimento personale; e di conseguenza spesso i primi sintomi di
disturbo alimentare si verificano proprio nell’adolescenza, al momento dell’inevitabile
delusione del primo amore.
Ad oggi tuttavia si manifestano i primi sintomi in molti casi in un'età sempre
più precoce, nella pubertà (10-12 anni circa). Ciò è conseguenza non solo di
un problema più grave di mancanza di stabilità e sicurezza della identità
personale (chi si è), proveniente dai rapporti di attaccamento familiare, ma
anche di una società dei consumi che stimola le ragazzine e i ragazzini ad
essere desiderabili e seducenti all'esterno sempre più presto come adulti,
attraverso l'uso e l'esibizione del corpo, o attraverso oggetti da possedere,
o ancora attraverso l'uso di sostanze che facilitino l'allentamento delle
inibizioni, il lasciarsi andare e di conseguenza il contatto con gli altri e
la desiderabilità sociale. E' chiaro che questo tipo di bombardamento di
stimoli in bambini e ragazzi già di per sé più fragili di altri nel loro senso
di amabilità personale è molto più accattivante. Gli stessi genitori davanti
ai sintomi e ai comportamenti sopra descritti in un'età così precoce nei loro
figli, spesso provano un profondo senso di smarrimento e d'inadeguatezza e ciò
non permette che siano un punto di riferimento di aiuto, anzi i ragazzi
tendono a nascondere loro i problemi per paura di essere giudicati sbagliati o
per paura di fare loro del male, deludendoli.
In terapia
si lavora innanzitutto per riconoscere il sintomo come parte della propria
storia di vita, ossia comprendere come sia la migliore risposta inconsapevole
trovata da soli al proprio malessere, e questo si ottiene attraverso una
maggiore consapevolezza delle emozioni e percezioni di Sé che lo sottendono,
rafforzando anche la capacità di riconoscimento degli aspetti del proprio
Sé come distinti dall’altro. Si lavora, inoltre, per sostituire aspettative
irraggiungibili con aspettative più realistiche, anche ambiziose, ma sempre
perseguibili; il cui fallimento è un’eventuale possibilità, che non significa
comunque non essere una persona di valore o non amabile e non avere più altre
chance di affermazione di sé (per approfondimenti vedi anche la pagina "Capire
se si soffre di un Disturbo Alimentare", e le sottopagine relative
a "L'Autostima").
Più i sintomi compaiono nella prima adolescenza o pubertà, più gli stessi
genitori devono essere coinvolti nella terapia del figlio, in una terapia
familiare e in alcuni casi in una terapia a loro volta individuale.